I riti della nascita.
- Elisabetta Gaboardi
- 16 ott
- Tempo di lettura: 3 min
Non tutti sanno che in Italia esiste una legge, la 113 del 29 gennaio 1992, che obbliga i comuni a piantare un albero per ogni bambino che nasce nel mondo, indicandone la posizione precisa sul certificato di nascita. Sebbene non sia una direttiva ampiamente rispettata, è un modo per introdurre un piccolo rito, utile e divertente, tradizionalmente praticato da molte popolazioni in tutto il mondo. Ma vediamo quali sono le tradizioni e le usanze per accogliere i neonati nel mondo.
I Maori delle Isole Cook, in Nuova Zelanda, dopo il parto hanno l'abitudine di seppellire la placenta nel terreno, piantandovi sopra una palma da cocco. A seconda che la palma cresca vigorosa o meno, si stabilisce se il bambino diventerà sano e forte o debole e malaticcio. Interessante è anche il destino del cordone ombelicale, che viene gettato in mare se il neonato è maschio o nelle acque interne se femmina. Perché, dicono gli isolani, "lo spirito dell'uomo appartiene all'oceano aperto, quello della donna alla laguna che si trova al di qua della scogliera".
I Kamba, una comunità di lingua bantu del Kenya, seppelliscono semplicemente il cordone ombelicale e la placenta appena fuori dalla capanna in cui è nato il bambino. Questa usanza potrebbe rappresentare una forma di ringraziamento a Madre Terra per il dono della vita ricevuto.
Secondo le donne della nazione Navajo, nel sud-ovest degli Stati Uniti, seppellire il cordone ombelicale vicino alla casa di famiglia dà la certezza che il bambino tornerà sempre a casa. Quanto alla placenta, spesso viene sepolta accanto all'oggetto che simboleggia la professione che i genitori auspicano per il bambino.
I Kamba e altri abitanti della savana, come i Masai, celebrano con gioia l'arrivo di un bambino, uccidendo una capra (due o più se sono gemelli, o un bue se è il figlio di un capo) e ringraziando la divinità con canti e preghiere. In molti casi, è consuetudine far dormire il neonato tra la moglie e il marito finché la madre non ha avuto la prima mestruazione dopo il parto.
Nella raffinata tradizione indù (diffusa in India, Nepal e Sud-est asiatico), tra le decine di cerimonie destinate a propiziare una gravidanza felice troviamo il “pumsavana”, un rito che si celebra al terzo mese per ottenere la grazia di un figlio maschio. Dove prevale un’economia agricola, si ritiene infatti più vantaggioso avere un buon numero di figli maschi in grado di lavorare la terra.
Ma non tutti gli induisti considerano di cattivo auspicio appendere un nastro rosa. Sulla ridente isola indonesiana di Bali, dove gli indù sono oltre il 90%, le donne occupano una posizione di assoluta importanza. Un'occasione speciale come la maternità ispira decine di cerimonie. Ad esempio, appena nato il bambino, l'ostetrica prende l'"ari-ari", la placenta, la lava con acqua profumata, la mette in una mezza noce di cocco piena di fiori e poi la consegna al neo-papà perché la seppellisca all'ingresso di casa, a sinistra se femmina, a destra se maschio.
Per il neonato balinese si svolgono una serie di rituali e offerte alle divinità: il 12° giorno i genitori sono convinti che l'anima del bambino sia saldamente ancorata al corpo e possa osare dargli un nome. Il 42° giorno diventa ufficialmente un membro della famiglia. Nel frattempo, al bambino non è permesso toccare terra e solo il 105° giorno gli adulti smettono di tenerlo in braccio, celebrando l'evento con un banchetto.
In alcune comunità haitiane, nigeriane e rom si decide di assegnare due nomi alla nascita, uno dei quali viene tenuto segreto e rivelato al bambino solo quando sarà abbastanza grande da potersi difendere.
In Giappone, un'antica tradizione chiamata "ochichiya" prevede che il nome venga assegnato il settimo giorno dopo la nascita, comunicandolo ai conoscenti con un bigliettino allegato a un piccolo regalo. I giapponesi celebrano il primo mese di vita portando il neonato al tempio tutti insieme, genitori e nonni. E al centesimo giorno, l'"okuizome": il neonato viene fatto sedere a tavola con il resto della famiglia per augurargli un futuro ricco di delizie gastronomiche.
Alcune famiglie vietnamite, per scegliere il nome, non aspettano solo che la “vaccinazione” anti-spiriti faccia effetto (intorno al primo mese, da quelle parti), ma invitano parenti e amici a non fare complimenti al neonato; gli rivolgono invece epiteti come “brutto” o “rospo”, poiché pare che le entità maligne preferiscano perseguitare i bambini più belli.
In Grecia è consuetudine immergere il bambino tre volte nel battesimo, per simboleggiare i tre giorni che Gesù trascorse nel sepolcro.
In altre comunità ortodosse, come in Georgia o tra le minoranze cristiane del Kazakistan, l'immersione avviene in laghi e fiumi, che in inverno hanno temperature estremamente fredde.
Le madri aborigene della zona di Kimberley in Australia sono invece maestre nell'arte del "fumo infantile"! Niente
Folclore.




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