Suono delle campane
- Elisabetta Gaboardi
- 16 ott
- Tempo di lettura: 1 min
È un suono che cattura l'attenzione.
Lo ascolto come un riflesso naturale. Mi dà pace, mi tiene compagnia, mi riconnette con la mia infanzia e con le generazioni che mi hanno preceduto. Persone che si impegnano, persone oneste, persone pie. Conto le ore mentre lavoro e cucio o sono in giardino.
È un suono che ha sempre accompagnato il passare del tempo degli uomini, la prima messa al mattino e poi l'inizio del lavoro quotidiano, i tre momenti dell'Ave Maria, ci sono altre ore canoniche da scandire, la cena, le preghiere e il lavoro, ancora lavoro fino all'ora di andare a dormire. Se era andata male, andare a un funerale e se era andata bene, a un matrimonio o a un battesimo.
Il suono delle campane portava notizie, annunciava ricoveri e decessi, suonava per chiedere aiuto e assistenza.
Per la Santa Messa venivano suonate dai bambini del paese, gli stessi che inevitabilmente sotto lo stesso sguardo severo, ma con orgoglio, servivano la Messa.
Un tempo i campanili erano aperti, le chiese erano aperte anche loro, e la gente si riuniva al loro interno per pregare, per affidare a Dio la propria anima e tutto ciò che possedeva e per sperare, nella pioggia e, durante i violenti temporali, nella grandine.
Oggi le voci, sempre uniche, delle campane non sono cambiate, sono cambiate le orecchie distratte di chi le ascolta e la fede nei loro cuori.





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